Concept

Questa rassegna si compone di quattro spettacoli diversi, tutti a
tematica Classica, ispirati da quattro Tragedie Greche, rivisitate e
adattate per una fruizione rapida e contemporanea, ideale anche
per i turisti: 40 minuti di performance con uno stile quasi
cinematografico, rapido e spezzato.
I Riflessi del mito vuole essere un evento suggestivo e immersivo al
tramonto, con uno spettacolo nello spettacolo: da un lato infatti si
potrà vedere il tramonto in un posto suggestivo dalla bellezza
indiscussa, dall’altro ci si potrà immergere in una atmosfera quasi
sacra, rivivendo la cerimonia di un rito magico e pagano: quello del
Teatro.

Si propone un ciclo di 4 rappresentazioni:

IL RIFLESSO DI MEDEA

IL RIFLESSO DI ANTIGONE

IL RIFLESSO DI ANDROMACA

IL RIFLESSO DI IPPOLITO

Il Riflesso di Medea

La storia di Medea immutata ed eterna viene raccontata da un
immenso telo bianco: un lenzuolo, quello del letto di Medea e
Giasone, la culla dei bambini, un telo squarciato come fosse il velo
di Maya che nasconde l’illusione di una vita felice ancora possibile.
Medea strappa quel telo, lo pugnala e poi lo culla. Il telo è il
mantello del Re Creonte, è il ring su cui Medea e Giasone
combattono verbalmente, è la nave di Argo ed è il Carro del Sole;
ma soprattutto è tutto il dolore possibile della donna più donna e
più grande dei Miti: e sotto quel telo, Medea, seppellisce la vita e
gli uomini, il passato e il futuro, ma soprattutto il presente.

Il Riflesso di Antigone

Un’Antigone scomposta e frammentata.
Il potere ha le sembianze di una macchina che tutto fagocita e
stringe a sé; ed esso è protetto dalla fortezza delle parole che
sanciscono ordine e giustizia. Una giustizia che luccica e scintilla e
si erge fiera come un monolite sacro che sfida il cielo. Perché il
potere ha bisogno di vertici, altezza e luce. La gente di Tebe è
come la gente di tutti i mondi possibili: soggiogata da catene,
tuttavia morbide e suadenti, non sa levare la propria voce con
prontezza e deve toccare il fondo per fronteggiare l’autorità
divenuta dispotica; e chi si ribella deve essere condannato. In
questo dramma, antico e moderno e per questo universale,
architettato con lucidità e maestria dal nostro Sofocle, c’è sempre
spazio per ricostruire e far agire la vicenda di una donna che voleva
spezzare le catene imposte dalla legge di stato. E, nel dipingere
questo mio quadro, voglio immaginare su un piano parallelo le
vicende reiterate all’infinito di Antigone, Ismene, Creonte ed Emone
che si consumano sulla terra, mentre sotto, giù nell’Ade, Euridice
nel suo doloroso silenzio cerca il figlio Emone, per riabbracciarlo;
ed Emone cerca lei, la sua amata Antigone. La scenografia è dura e
compatta: una piramide di metallo e catene indiscrete che si
insinuano come serpenti, i personaggi sono sdoppiatie moltiplicati.
Creonte, tiranno e dittatore, racchiude i simboli delle egemonie che
hanno reso drammatica, vile e vergognosa la nostra storia di
uomini; Il coro tragico, infine, odora di popolo schiavo e deportato,
prima illuso e poi costretto, manipolato e sempre schiacciato, in
uno spazio scenico che sfuma nel ricordo della nebbia di
Auschwitz; mentre Ade, paziente, aspetta le ombre di questi uomini
vincitori e vinti, nessuno escluso; e sulla terra solo orme vuote,
scarpe abbandonate, che restano in silenzio a testimoniare la
bellezza e la tragedia del destino umano.